lunedì 17 settembre 2012

Derrida: le relazioni tra testi (parte II)


Come detto nel post precedente (Derrida: le relazioni tra testi (parte I)), i confini dei testi sono aperti e tale apertura/pieghevolezza permette che i suoi significati non siano sempre l'essere presente.In altre parole, questa apertura dipende da una particolare relazione tra interno ed esterno.

Questione di innesti e di disseminazioni
Questo essere contemporaneamente un qualcosa di interno ed esterno non è altro che il lavoro della scrittura contro il tempo e dal tempo ([Derrida, 2004], The double session, II, p. 230). 

Azzerando la dimensione temporale e al di là di considerazioni che legano un testo al suo essere-nel-presente, quello che è inevitabile è che il testo ha una storia ed è il risultato di una serie di innesti che si riuniscono. 
Esempi classici d’innesti sono le citazioni oppure i contesti di riferimento: proprio in virtù di queste somme e aggiunte di supplementi, i testi possono esistere e trovarsi in continuo movimento in cui parole, frasi e significati vengono continuamente ricollocati e disseminati. Il senso è di per sé indicibile e disseminato: Derrida quando analizza l’opera di Mallarmé a partire dalle sue istanze testuali, vi ritrova una serie di rimandi, e la pagina poetica si configura come scena di scrittura, luogo di esposizione della differenza. La pagina, o il testo, anche se analizzati internamente certificano il carattere aperto. In altri termini, ogni espressione (parola, frase o significato) è come un seme che può disseminarsi ovunque e lasciare dietro di sé delle tracce (p. 300):

Every term, every germ depends at every moment on its place and is entrained , like all the parts of a machine, into an ordered series of displacements, slips, transformations, and recurrences that cut out or add a member in every proposition that has gone before
[Derrida, 2004], Dissemination, I, p. 300.

La logica mimetica basata sulla differenza 
Non è possibile pertanto risalire al modello originario di un testo, non solo perché, come si è detto precedentemente un testo non ha un significato univoco, ma soprattutto perché nel suo continuo movimento il testo si presenta come formato da una doppia struttura, da un qualcosa di interno e da un qualcosa di esterno ([Derrida, 2004], p. 4). Nel momento in cui si uniscono, nel momento in cui la spazialità della scrittura si manifesta, allora è possibile comprendere come non esista nessuna forma di gerarchia tra testi. E’ nella differenza che il testo trova la sua forza costitutiva.

In questo modo, la relazione mimetica che esiste tra i diversi testi è da interpretare come quella relazione che va al di là del rapporto testo-modello, in cui questo era il punto di riferimento tradizionale e originario, e s’inserisce, invece, in un’ottica in cui la produzione mimetica ha come principio basilare la differenza:

The difficulty lies in conceiving that what is imitated could be still to come with respect to what imitates, that the image can precede the model, that the double can come before the simple
 [Derrida, 2004], The double session, I, p. 190.

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