mercoledì 19 settembre 2012

Deleuze e la ripetizione, antropologicamente (parte II)

Come affermato nel post precedente, (Deleuze e la ripetizione, antropologicamente (parte I)), la questione della ripetizione e della differenza diventa cruciale. L'impronta di Deleuze è quella di tracciare un profilo antropologico di questa.


Antropologicamente, presentarsi come Altro 
In un tale contesto di riferimento, la pratica mimetica è letta attraverso il concetto di simulacro ([Deleuze, 1971], p. 117). Questo non è da intendersi come l’emulazione di un modello, bensì la sua contestazione e il suo rovesciamento. L’identità si oppone alla differenza, come la rappresentazione si oppone alla formazione di un’altra natura, o meglio una doppia natura. 

Se si prende in considerazione la relazione tra passato e presente, tra l’antico e l’attuale ([Deleuze, 1971], p. 136), è possibile affermare che non si tratta di due istanti successivi, ma l’attuale necessita di una dimensione per poter rappresentare l’antico (riproduzione, rammemorazione, memoria) e una dimensione in cui si auto-rappresenti (riflessione, riconoscimento, intelletto). Letti attraverso il concetto dell’eterno ritorno, il passato e il presente sono dimensioni dell’avvenire ([Deleuze, 1971], p. 153): il passato come condizione e il presente come agente. 
In altre parole, il presente si attualizza solo attraverso il processo di riflessione con il passato. C’è sempre un continuo spostamento nella ripetizione: il travestimento continuo o la sua continua riflessione in cui il simulacro che si viene a creare non deve necessariamente somigliare al suo modello di riferimento ed esserne una copia della copia, ma, sempre nell’ottica di una forma di emancipazione e di trasgressione, deve presentarsi come altro, a volte anche altro demoniaco proprio perché privo di somiglianza ([Deleuze, 1971], p. 207). Ponendo in relazione il mondo delle Idee di Platone e il concetto di Eterno ritorno di Nietzsche, Deleuze afferma:

Platone tenta di disciplinare l’eterno ritorno facendone un effetto delle Idee, vale a dire facendogli copiare un modello. Ma nel movimento infinito della somiglianza degradata, di copia in copia, si approda a un punto in cui tutto cambia di natura, la copia si rovescia a sua volta in simulacro, ove infine la somiglianza, l’imitazione spirituale, cede alla ripetizione
([Deleuze, 1971], p. 209)

Prime Conclusioni 
La questione della ripetizione, dunque, implica non solo la differenza, ma anche un rapporto riflessivo tra passato e presente, tra l’Io e l’alterità. Questa riflessione può essere letta anche nell'ottica di movimento dialettico in cui:
  • il Sé prima ricorda (memoria);
  • successivamente fuori esce da se stesso (riconoscimento);
  • infine, prende coscienza di sé come alterità e come simulacro (coscienza di sé).
Io e Alterità dipendono l’uno dall’altro: se non ci fosse una prima somiglianza interna, allora la differenza non verrebbe percepita. Come afferma Deleuze:

Occorre assomigliare al padre per avere la figlia, onde la differenza è pensata rispetto al principio dello Stesso e alla condizione della somiglianza
([Deleuze, 1971], p. 434)

Nessun commento:

Posta un commento