martedì 7 agosto 2012

Schelling: natura e spirito nell’atto creativo dell’arte

Se per Fichte la natura (sia quella interna all’uomo come il corpo e i suoi impulsi, sia quella esterna composta da quelle cose prive di ragione) era il teatro dell’azione dell’uomo (Io e non-Io), per Friedrich Wilhelm Joseph Schelling (1775-1854) questa ha una vita ed è autonoma. La natura deve avere in sé un principio autonomo che la spieghi in tutti i suoi aspetti. Questo principio autonomo è l’Assoluto che deve essere insieme soggetto e oggetto, attività razionale e inconsapevole, idealità e realtà, natura e spirito (GIVONE, p. 41).

La funzione dell’arte
Nonostante ci siano delle continue corrispondenze, Natura e Spirito si configurano come due poli distinti, proprio come separati si trovano soggetto e oggetto. La conciliazione va rintracciata nell’attività che armonizza spirito e natura, il produrre inconscio e conscio, ovvero nell’arte:

L’arte è per il filosofo quanto vi ha di più alto, poiché essa gli apre quasi il santuario dove in eterna ed originaria unione arde come in una fiamma quello che nella natura e nella storia è separato
(Schelling, Sistema dell’idealismo trascendentale, Roma-Bari, Laterza, 1965, p. 301)

Nella creazione estetica, l’artista si compie e l’arte manifesta la vita stessa dell’Assoluto, come identità di soggetto e oggetto, di spirito e di natura, di libertà e di determinismo. L’opera d’arte, infatti, è solo in parte il frutto dell’azione consapevole dell’artista: sebbene l’attività dell’artista sia indirizzata verso un fine, tuttavia egli è spinto alla produzione da un “afflato divino” che lo porta a esprimere cose di cui non riesce a penetrare completamente il senso. L’arte, essendo armonia di spirito e natura, è mediazione tra ispirazione (momento inconscio o spontaneo) e mestiere (momento conscio e meditato). L’arte produce sopprimendo la differenza tra interno ed esterno, spontaneità e legalità, materia e forma: fa coincidere il sensibile e l’idea, stringe in uno tutte le opposizioni che solo attraverso il principio della negazione la riflessione filosofica ha potuto stabilire (GIVONE, p. 43).

La funzione del genio
Da quanto detto qui sopra e considerando uno degli elementi più importanti del Romanticismo, chi concretizza questa vocazione è il genio: è il poeta umano che, nella prospettiva di Schelling, si configura oggettivamente come colui che incarna e concretizza meglio il modo di essere del poeta cosmico, l’Assoluto, che genera le cose del mondo in maniera sia consapevole sia inconsapevole in figure finite che, spesso, non sono facilmente interpretabile.

E’ in questo modo che l’opera d’arte dell’uomo può diventare quell’opera originaria e naturale (uno-tutto, universale-particolare) che l’arte dovrebbe indagare:

La visione che il filosofo si fa artificialmente della natura è per l’arte la visione originaria e naturale
(Schelling, p. 301)

L’opera d’arte come inimitabile? O intuitiva?
Se tale è l’opera nelle sue individuali e irripetibili caratteristiche, inevitabilmente, questa sarà da intendersi come inimitabile. Il fatto è che bisogna ricordare che non si sta parlando di opera d’arte come un qualcosa di concreto e materiale, ma di un’opera d’arte ideale che rappresenta il coronamento della conoscenza. E’ per questo che ciò che ha rilevanza non è tanto l’oggetto-opera, ma l’azione produttiva che può parlare di una sola opera d’arte:

 se la produzione estetica nasce dalla libertà, e se appunto per la libertà quel contrasto fra l’attività cosciente e l’inconscio è l’assoluto, non vi è propriamente che una sola opera d’arte assoluta, la quale può bensì esistere in diversissimi esemplari, ma è tuttavia una, quando pure non dovesse esistere ancora nella forma originaria
(Schelling, p. 300)

Più che imitare, l’arte intuisce:

l’arte intuisce, cioè produce da sé il proprio prodotto, che appunto è prodotto, oggetto, cosa, ma cosa che nello stesso tempo ha in sé la propria ragion d’essere, il proprio principio vivificatore, e non è se non questa ragione, questo principio fatto cosa, ossia questa cosa fatta principio, fatta ragione
(GIVONE, p. 43)

L’arte è intuitiva e non imitativa perché è contemporaneamente attività d’inconscio e conscio, ispirazione e decisione, creatività e regola. Solo intuendo, l’arte diventa organo dell’assoluto, rivelazione della verità avvertendo la compresenza di finito e infinito.

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