venerdì 29 luglio 2011

Germania: preparativi per Kant, partendo da solide basi leibniziane (parte II)

Continuando quanto detto nel post precedente, passerei ad altri due autori tedeschi: Johann J. Wnckelmann e Gotthold Ephraim Lessing. Si tratta di due autori con diversi punti in comune che ci mostreranno il concetto base di imitazione di un modello

WINCKELMANN
Segue le lezioni di Baumgarten, ponendo al centro dei suoi studi la nozione di bellezza ideale senza rinunciare a un'impostazione platonica.

Il pensiero di Winckelmann può essere sintetizzato in questo modo:
  1. forte superiorità dell'arte greca data la loro capacità di sintetizzare ciò che nella natura è disperso e contingente;
  2. l'artista dovrebbe imitare non tanto la natura, ma quella sintesi essenziale rintracciabile nelle opere dei greci.
L'arte greca è un modello che incarna in sè armonia, perfezione e proporzione in una nobile semplicità e quiete grandezza.

Le opere principali di Winckelmann sono state diverse tra cui le principali sono le seguenti:
  • 1755, Pensieri sull'imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura, che prenderò in considerazione tra poco;
  • 1759, Brevi studi sull'arte antica;
  • 1764, Storia dell'arte antica;
  • 1767, Monumenti antichi inediti.
Il testo che vorrei prendere in considerazione (Einaudi Editore, 1943) mi ha permesso di comprendere più a fondo il concetto di modello, greco. L'ammirazione che l'autore ha nei confronti di questo periodo e delle sue opere è immensa e la gratitudine che l'arte dei periodi successivi dovrebbe avere nei suoi confronti è altrettanta: il mondo greco è da intendersi come un seme che col passare del tempo si è sparso un po' ovunque, alcune volte perdendo qualche pezzo. E' la sorgente (p. 9) di tutta l'arte e del modo di intendere il bello: Michelangelo, Raffaello e Poussin hanno "messo il loro gusto alla sorgente", facendo riferimento proprio ai greci. Questo "riferimento" è da intendersi propriamente come imitazione degli antichi.

Una delle opere che rappresenta il massimo dell'ideale di bello è il Lacoonte, regola perfetta dell'arte:

non solo il più bell'aspetto della natura, ma anche più della natura, cioè certe bellezze ideali di essa, che, come insegna un antico commentatore di Platone, sono composte di figure create soltanto nell'intelletto (p. 10)

Vediamo meglio l'analisi che Winckelmann fa del Laocoonte:
  1. è la statua del più forte patimento e fornisce l'immagine di un uomo che, per opporsi a esso, tenta di raccogliere tutte le forze dello spirito. Il dolore gonfia i muscoli e tende i nervi, mentre mostra il suo coraggio sulla fronte corrugata. Il petto è sollevato dalla respirazione affaticata, il dolore fa reprimere il grido e se lo chiude dentro. E' un gemito soffocato;
  2. la pena pare preoccuparlo meno di quella dei figli che fissano in lui lo sguardo chiedendogli soccorso. L'affetto paterno si rivela negli occhi dolenti. Compassione, lamento nel volto, ma non un grido. Lo sguardo solo implora al cielo assistenza;
  3. dolore e resistenza assieme: mentre il dolore spinge in alto le sopracciglia, la resistenza abbassa la parte carnosa sulle palpebre, così che queste ne rimangono quasi coperte. Dove c'è dolore, c'è anche bellezza ed è qui che l'autore ha abbellito ancora di più la bellezza. Prodigio dell'arte è la parte del corpo dell'uomo che soffre di più, ovvero il fianco sinistro dove Lacoonte viene colpito dal serpente. Le gambe vorrebbero sollevarsi per sottrarsi a tanta pena; nessuna parte del corpo è a riposo: la morte lo sta agghiacciando.
Quale rapporto c'è tra arte e greca e natura? E' corretto affermare che i greci imitarono la natura? Non totalmente. Loro cominciarono a osservare la natura e da queste prime osservazioni si crearono le idee generali di bellezza, di proporzione dei corpi. Si tratta di idee che trascendono la natura stessa: non è solo imitazione della natura, ma è stabile un certo rapporto con essa, sintetizzarla nelle proprie opere utilizzandola come se fosse una natura spirituale, concepita concettualmente (p. 15). 
Cerchiamo di capire meglio ancora il termine imitazione (pp. 18 - 20):
  • imitare la natura significa o attenersi a un modello (fare una copia somigliante, come un ritratto) o studiare una serie di osservazioni fatte su vari modelli riuniti in un soggetto solo. E' solo in questo secondo caso che l'artista può prendere la via del bello universale e delle immagini ideali di questo bello. E' la via intrapresa dai Greci che, quotidianamente, potevano osservare il bello della natura. Noi (dice Winckelmann) non possiamo farlo perchè raramente si mostra all'artista;
  • tale imitazione insegnerà a pensare e a immaginare con sicurezza, giacchè si troverà fissato in questi modelli l'ultimo limite del bello umano e del bello divino;
  • se l'artista segue il modello greco, allora avrà tutte le possibilità di intraprendere la strade dell'imitazione della natura. Scoprendo le bellezze di questa, l'artista saprà collegarle col bello perfetto, e con l'aiuto delle forme sublimi, diventerà per lui la regola;
  • c'è un'enorme diversità tra imitazione della natura e imitazione di un modello. Nel primo caso, una qualsiasi persona rappresenterebbe la natura come la vede; nel secondo caso, invece, rappresenterebbe la natura come vuole essere rappresentata. Esempio del primo è Caravaggio, del secondo Raffaello. 
La generale e principale caratteristica dei capolavori greci è proprio la nobile semplicità e una quiete grandezza, sia nella posizione sia nell'espressione, sempre grande e posata. Lo si è visto nel Laocoonte: nonostante il dolore percepibile in ogni parte del corpo, al punto che pare sentirlo anche l'osservatore, non c'è rabbia, non grida orribilmente (come, per Winckelmann, invece accade nel canto di Virgilio). Il dolore del corpo e la grandezza dell'anima sono distribuiti con eguale misura per tutto il corpo e sembrano tenersi in equilibrio:

Il suo patire ci tocca il cuore, ma noi desidereremmo poter sopportare il dolore come quest'uomo sublime lo sopporta (p. 26)

L'importanza del modello greco è talmente importante per un apprendista artista che Winckelmann suggerisce lo studio e la stesura di particolari libri che contengano immagini simboliche tratte dalla mitologia, dai migliori ... così si arricchirebbe il vasto campo dell'imitazione degli antichi e si darebbe alle opere di questi il nobile gusto dell'antichità (p. 42).

Ma quale differenza esiste tra imitare e copiare? Risiede nell'uso dell'intelletto. L'opposto del pensiero indipendente è per Winckelmann la copia e non l'imitazione. Copiare significa servire servilmente, mentre imitare è farlo con intendimento, facendo assumere all'oggetto quasi un'altra natura e divenire originale

Tutte le arti hanno un duplice fine: debbono dilettare e nello stesso tempo istruire [...] Il pennello maneggiato dall'artista deve essere intinto nell'intelletto; come è stato detto dello stile di Aristotele. Bisogna che l'artista dia più da pensare di quanto fa vedere all'occhio, ciò che otterrà quando avrà imparato a non nascondere i suoi pensieri sotto l'allegoria, ma a rivestirli con essa. Se ha un soggetto sceltosi da sè o datogli da altri e trattato o trattarsi poeticamente, la sua arte lo animerà e si risveglierà il lui il fuoco che Prometeo rubò agli dei. Chi se ne intende avrà materia per pensare, e chi è solo amatore imparerà a pensare (p. 44).

LESSING
Il classico testo di Lessing è proprio il Laocoote, leggibile totalmente on line (Dalla Stamperia di Angelo Maria Sormani, 1832, di Gotthold Ephraim Lessing e William Dean Howells).

Considerando proprio l'analisi di Winckelmann, Lessing si pone il problema dell'analisi dell'espressività pittorica e dell'espressività poetica. Winckelmann sembra fornire una soluzione nella perfetta unità espressiva, mentre Lessing non ne è totalmente convinto e ritiene che ci siano una serie di differenze fondamentali in queste due forme artistiche.

Da un lato troviamo i colori, i corpi e le loro proprietà; dall'altro abbiamo i suoni, le descrizioni delle azioni e di alcune caratteristiche di un oggetto (descrizione che non dovrebbe essere troppo lunga, ma limitarsi al giusto essenziale).Insomma, da un lato c'è la pittura e dall'altra la poesia. Queste naturalmente si possono congiungere e mescolare: la pittura può rappresentare le azioni, ma solo in un determinato momento e la poesia le caratteristiche dell'uomo, limitandosi a quelle essenziali. Esempio classico è Omero, nonostante ci siano alcune digressioni descrittive, come quelle dello scudo di Achille che sembrano contraddire la brevità e l'essenzialità. In questi casi, il poeta ha come obiettivo il raggiungimento di un più alto fine, tra cui quello di rendere con le parole gli oggetti come se fossero visibili.

Perciò la pittura non è avvicinabile alla poesia poichè opera nello spazio e la poesia non è accostabile alla pittura poiché opera nel tempo: le arti figurative devono raffigurare i corpi e le realtà sensibili di questi nello spazio e perciò possono rappresentare solo un unico momento dell'azione. Insomma, la pittura rappresenta i corpi nello spazio bloccandoli in un tempo (come l'architettura), mentre la poesia, con le parole, è meno statica (come la musica).

Pur polemizzato con Winckelmann su questo rapporto inevitabilmente diverso tra pittura e poesia, vale per entrambe il concetto centrale e originario che queste arti sono inevitabilmente legati all'imitazione della natura.

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