sabato 23 luglio 2011

Francia: disquisendo sulla bellezza (parte I)

Nel Settecento, ci sono due grandi filoni in Francia di studiosi che trattano il tema della bellezza e i suoi affini.

Da un lato, si trovano i cosiddetti cartesiani, legati più alle opere dei moderni (si dice anche “partito dei moderni”), mentre dall’altra parte i non-cartesiani, che si sono più concentrati sulla ricerca non tanto dei tratti razionali della bellezza, ma sui problemi della creazione artistica e dell’espressività.

I CARTESIANI: Jean Pierre Crousaz
Tra i Cartesiani troviamo due autori, Jean-Pierre Crousaz  e Yves-Marie André.

Crousaz è seguace della filosofia cartesiana e del partito dei moderni, e cerca di ridefinire i caratteri reali e naturali del bello. Il suo maggior testo è il Traité sur le Beau  (1714-15). Il testo è leggibile integralmente da google books, estremamente utile: consiglio i primi quattro capitoli.
In sintesi, Crousaz afferma che il termine bello è un termine da infiniti intendimenti e probabilmente non tutti gli uomini hanno la stessa idea di bello: ma allora il bello è solo il frutto della fantasia? In primo luogo, quando parliamo di bello:
  • non parliamo di qualcosa di isolato e assoluto, ma esprime un rapporto di relazione di oggetti, che noi chiamiamo belli, con le nostre idee o sentimenti. Questo rapporto di relazione tra oggetti e nostre idee è paragonato al rapporto di verità tra un’affermazione “il triangolo ha tre lati” e la realtà che ci mostra effettivamente che un triangolo ha tre lati;
  • da un lato troviamo poi le idee e dall’altro i sentimenti. Esempi dei primi sono la casa e il triangolo, mentre esempi dei secondi sono tutte quelle percezioni legate ai sensi che creano un certo modo di essere. Mentre le prime sono proprie dello Spirito, i secondi del Cuore. Può succedere che un certo oggetto piaccia al nostro spirito, ma non al nostro cuore. C’è comunque della bellezza che è indipendente dai sentimenti, ma quali sono i principi secondo i quali lo spirito giudicato un qualcosa bello o meno?
  • in prima istanza, lo spirito umano ama, nelle idee, la varietà  e nello stesso tempo anche l’unità e la diversità. Ma come conciliare varietà e unità (diversità)? Nella moltitudine di oggetti che si presentano innanzi all’uomo, lui cerca e trova, nonostante la diversità, dei tratti rassomiglianti, che gli permettono di paragonare più oggetti e dalla moltitudine supera il momento in cui si assembla tutto;
  • in Dio tutto è perfetto e armonico, la realtà che lui contiene tende all’infinito. Tutte le creature tendono a uno stesso scopo, ovvero quello di rendere pubblico e manifestare la grandezza e la gloria di Dio. Nell’infinità di fenomeni che si presentano innanzi a noi, se li seguiamo, se vi ricerchiamo causa dopo causa, alla fine si troveranno l’effetto di due o tre principi generali: la diversità si riduce a unità, per insegnarci a rimontare dalla moltitudine all’unità;
  • dalla diversità ridotta all’unità nascono la regolarità, l’ordine, la proporzione, tre qualità che piacciono allo spirito umano. Andare per ordine non significa passare da un estremo all’altro con un salto improvviso, ma si avanza da un primo oggetto a un secondo leggermente differente, e poi a un terzo un poco più differente e così successivamente. La conoscenza, propria dello spirito, procede per ordine: è dunque naturale che lo spirito umano lo apprezzi. Percepire la proporzione è, inoltre, paragonare degli oggetti: si scopre lo stesso rapporto esistente tra una terza e una quarta cosa, come si era già visto tra la prima e la seconda cosa, e così di seguito. Se non ci fosse regolarità, ordine e proporzione allora lo spirito umano incontrerebbe solo delle confusioni.
Cosa significa fornire l’idea di bellezza attraverso unità, regolarità, ordine e proporzione? In primo luogo, significa che il bello è legato a qualche forma di regola e non solamente a sentimenti soggettivi o al gusto. In secondo luogo, parlare di varietà e uniformità significa, anche, mettere in rapporto certi oggetti di epoche diverse: trovare caratteristiche in oggetti antichi e ricontestualizzarli (diversamente) nel periodo moderno. Ecco da qui la famosa formula uniformità con varietà.

In seguito Crousaz continua con il parlare di tipologie di Stato e di corpo umano (sempre all’interno delle considerazioni armonia, ordine, proporzione, regolarità, unità e diversità) disquisendo sul colore della pelle (con toni, scientificamente, razzisti, oggi diremmo, inevitabilmente),  sui corpi in sovrappeso, sulle dimensioni, sui dettagli, sul viso, sugli occhi, sui gesti e sugli ornamenti.

A pag. 64, si afferma, inoltre, che se troviamo un modello bello lo si può anche imitare in modo tale da raggiungere la perfezione che questo possiede già. E’ in questo disegno che Dio, creatore della Natura, ci ha donato alcune inclinazioni connesse all’imitazione. Resta consolidato che un’immagine sarà sempre differente dal suo originale, ma è essenziale, per la sua bellezza, che questa immagine gli rassomigli (è in questo anche l’unità).

Le conclusioni a cui giunge Crousaz sono le seguenti (pp. 100 – 119):
  • proporzione, varietà, unità sono gli elementi del bello (ad esempio, la musica);
  • il bel spirito o la bellezza dello spirito deve avere un perfetto rapporto con la Natura e soprattutto con le cose che sono le più perfette in Natura. Il carattere è connesso con il pensiero e con la capacità di conoscere; la giustezza, la perfezione, che dipende dalle abitudini e dalla capacità di perfezionare quanto già ricevuto da Dio; ma anche la capacità di esprimersi bene con eleganza e ben educazione. Ci sono diversi modi per esprimersi e per farsi sentire alle persone che hanno gusto, come ad esempio attraverso la scrittura che ci pone in relazione con l’autore, con il modo in cui ha fatto nascere le idee e, se ha raggiunto una certa perfezione, vediamo che le idee si presenteranno da sole.

I CARTESIANI: Yves-Marie André

Sulla stessa strada si pone anche André che definisce il bello non ciò che piace a prima vista all’immaginazione, nell’immediatezza corporea, bensì ciò che piace alla ragione e alla riflessione, per la sua intrinseca luce.
Il testo di riferimento è Essai sur le Beau (1715), leggibile completamente su google libri. Il capitolo a cui farò riferimento è il primo (Sur le Beau en général, e en particulier sur le Beau visible).

Cito inizialmente una frase che mi pare interessante (pp. 1-2):

On veut du beau par tout; du beau dans les ouvrages de la Nature, du beau dans les productions de l’Art, du beau dans les ouvrages d’Esprit, du beau dans les Mœurs : e si l’on en trouve quelque part, c’est peu de dire qu’on en est touché, on en est frappé, saisi, enchanté.

Anche André si chiede cosa sia il bello (e non cosa è bello, che è decisamente differente), se è qualcosa di relativo o assoluto, fisso o immutabile. Ora, quello a cui primariamente giunge è che ci sono diverse tipologie di bello:
  • il bello indipendente da tutte le intuizioni, quello essenziale e divino;
  • il bello naturale e indipendente dalle opinioni degli uomini;
  • il bello degli uomini ovvero quello che occupa lo spazio dell’intuizione umana.

Secondariamente, c’è il bello sensibile e intellegibile. Il primo lo percepiamo nei corpi e il secondo dentro lo spirito: entrambe sono percepiti dalla ragione, il bello sensibile dalla ragione attenta alle idee ricevute dai sensi e quello intellegibile dalla ragione attenta alle idee dello spirito puro.

Il bello sensibile (gusto, odore e tatto) deriva da sens stupides e groffiers (p. 4), tranne la vista e l’udito che possono discernere. Ma andiamo oltre ai sensi; ad un certo punto André si pone una serie di domande retoriche in cui si chiede cosa significhi seguire le proporzioni o la regolarità, ecc. La risposta a queste domande giunge a pagina 7: la décence, la justesse e la grace, queste sono le componenti del bello che produce, come conseguenza, le plait. Alle prime tre componenti poi si potrebbero aggiungere la similitude, l’égalité, la convenance des parties che creano unità che, a sua volta, contiene la ragione. E’ proprio l’unità a determinare il bello, ma è applicabile al bello visibile?

Si prenda in considerazione il bello naturale (come ad esempio il cielo e la terra): i colori appaiono all’autore di una bellezza unica al punto tale da affermare che (p. 10) l’Auteur de la Nature, en cela, comme en toute autre chose, a eu foin de prévenir nos dégouts. Inoltre, da tre colori primari è possibile creare un’infinità di sfumature.

Alla base della sua ricerca, c’è la ragione (p. 13):

Mais la raison la plus en garde contre les illusions du coeur, peut-elle s’empecher d’appercevoir du beau dans la regularité

Esistono, poi, un bello di genio, fondato sulla conoscenza del bello essenziale (applicazione di regole generali); un bello di gusto, come nelle arti, che proviene dal sentimento illuminato dal bello naturale e, infine, un bello di capriccio, fondato sul nulla, non ammissibile.E’ interessante il concetto di illuminazione: noi, quando percepiamo qualcosa che proviene dalla natura, è come se ricevessimo un’illuminazione (molto agostiniano). Insomma, il bello naturale è un qualcosa di indipendente dalle nostre opinioni e dai nostri gusti. 

Vorrei concludere con un'ultima citazione riguardante la certezza di André nella ragione a discapito di altre forze inferiori (p. 104):

C’est ce qui l’arrete (riferito all’uomo) dans le progres de idees distinctes, e ne lui permet jamais d’en former qui foient pleinement adeguate. Toujours quelqu’ombre, quelque nauge éléve de la région inférieure des sens dans la région supérieur de l’entendement, y répand un degré plus ou moins considérable d’obscurité sur les idees que nous voudrions spirituliter, e degager, se je pui ainsi dire, de toute corporité. […] Le Gout a pour base le sentiment, e qu’est-ce que le sentiment, si no une perception confuse des objets acquises par le moyen des impressions que ces objets son sur les organes ?


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